Alta Valtellina Bike Marathon – una cavalcata nel Parco Nazionale dello Stelvio!
Last Updated on 02-08-2018 by psg_admin
Passo Stelvio, Passo Gavia, Passo Mortirolo.
Questi nomi fanno emozionare chi come me va in bicicletta e ha una passione bruciante per le salite, e Bormio è vicino a tutte queste strade fatte di tornanti che si inerpicano su e giù per le Alpi.
Tuttavia quest’anno ci torniamo per un appuntamento classico delle ruote grasse: l’Alta Valtellina Bike Marathon, che proprio nel 2018 fa un anniversario importante, quello dei dieci anni, e ci promette di provare le stesse emozioni all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio. Al via siamo in diversi per la PSG: per il percorso Marathon da 100 chilometri ci sono io, c’è la new entry Daniele Cittadini e il mitico Mr. 2000 Stefano Mammini.
Si cimenta invece sul percorso Endurance da 76 chilometri il nostro triatleta, ma fortissimo anche in Mountain Bike, Marco Cecchini, che cerca di replicare l’ottimo piazzamento fatto a Selva di Val Gardena alla Hero.
Per la prima volta abbiamo anche una donna che partecipa alla competizione: è Erica Castellani, che proverà ad affrontare il percorso Classic da 45 chilometri.
Manca purtroppo il nostro capitano Francesco Cini, che all’ultimo si è trovato impossibilitato a partire con noi, peccato!
Eccoci quindi al via: per noi è presto, alle 7:30. L’aria è frizzantina, ma si capisce che la giornata sarà calda e quindi decidiamo di lasciare antivento e manicotti in auto e partiamo con solo l’estivo addosso.
La gara parte subito in salita: dobbiamo arrivare ai laghi di Cancano, e per farlo dobbiamo fare circa 800 metri di dislivello su una strada che inizia asfaltata per i primi chilometri e poi una volta raggiunte le Torri di Fraele comincia lo sterrato. Il traffico come sempre per chi parte dietro come noi è tanto: cerco di farmi largo lasciandomi dietro buona parte del gruppo. Mi ero imposto di non superare per nessun motivo i 170 battiti, ma capisco subito che almeno per questa salita è impossibile, per cui mi metto l’animo in pace e penso che mi sarei riposato successivamente nei trenta chilometri di pianura intorno ai laghi, dove mi sono dato appuntamento con Daniele che partiva dietro.
Una volta arrivati a laghi la vista è notevole: acqua del classico colore azzurro dei bacini in quota (per quanto questi sono artificiali), contornata da picchi che mi ricordano le Dolomiti. Hanno forme stranissime, sembrano modellati dal vento: la vista e il cuore sono appagati da tale visione e il ritmo blando con cui affronto questo tratto me li fa godere appieno.
Dopo una decina di chilometri vengo raggiunto da Emanuele, della DiemmeCicli, che mi ricorda in qualche modo che sono in gara: al grido di “mettiti a ruota” decido di seguirlo per un tratto. Il ritmo che tiene è molto sostenuto, e in un attimo sono passato dai 24-25 chilometri orari ai quasi quaranta che teneva lui.
Purtroppo (o per fortuna) la via si restringe: lui si fa largo tra i partecipanti che vanno a un ritmo più easy del suo e io resto un pò indietro non avendo la sua malizia nel sorpassare i concorrenti. E soprattutto dovevo farmi recuperare dal Citta.
Proseguiamo e raggiungiamo un altro lago, e in breve tempo mi trovo di fronte alla seconda salita del percorso. Il Citta ancora non si vede.
Salgo quindi a un ritmo più tranquillo di prima, conscio che alla fine della discesa avrei trovato un ristoro. Ma l’Alta Valtellina Bike Marathon è proprio qua che comincia a metterti alla prova: dopo un primo tratto facile, l’ultimo chilometro mi ricorda per certi versi la Lombardona: impossibile tenere il cuore basso. Mi faccio largo tra i partecipanti per non mettere il piede a terra e in men che non si dica raggiungo la “cima Coppi” a oltre 2300 metri.
Nella discesa il fondo un pò sabbioso mi frega: cado, ma come una molla mi rialzo immediatamente. Il ginocchio fa male, mi convinco che è solo la botta e continuo a pedalare.
Al ristoro vengo finalmente ripreso da Daniele, siamo a 40 chilometri di gara circa e ce ne aspettano altri 60 davanti.
A questo punto il divertimento non può che aumentare, sono innumerevoli le gare che abbiamo fatto insieme, e sappiamo che le nostre caratteristiche ci permettono di darci una mano l’un l’altro.
Così io in salita mi metto davanti e detto il ritmo, lui mi segue e come alla Hero faccio un pò da punto di riferimento per affrontarle (e sono durissime!). Viceversa in discesa sulle strade larghe è lui a mettersi davanti a indicarmi la via: da solo non sarei mai andato così forte. Lo stesso in pianura, in questi casi “lokomotiv Citta” è una certezza.
In questo modo, affrontando tratti di una bellezza mozzafiato, a tratti nel bosco, a tratti esposti (nei quali scorgiamo anche le curve dello Stelvio che più volte abbiamo affrontato su strada), raggiungiamo i fatidici 83 chilometri. Stando alla cartina da qua dovrebbe iniziare una lunga discesa verso Isolaccia.
E invece più che una discesa il percorso che ci resta ricorda molto gli ultimi 15 chilometri di Prato: un saliscendi continuo, che ammazza le gambe, e le mie energie cominciano drasticamente a calare. Sento i crampi allo stomaco dalla fame, ma non ho modo di mangiare con tutti questi “mangia e bevi”. Decido di tenere duro, tanto oramai siamo arrivati, o almeno così spero.
E’ qui che ci tocca affrontare forse l’unico punto non pedalabile della gara: circa 600 metri nel bosco troppo ripidi e con troppa gente per poterci anche solo provare.
Ma arrivati al novantesimo chilometro, l’Alta Valtellina ci vuol far provare l’ultima emozione forte: scendiamo da una pista da sci, per poi immetterci in uno dei single track più belli mai fatti. Curve veloci, fondo perfetto, tutto spondato: è una goduria e tutta la stanchezza passa in secondo piano.
Il finale è su una pista ciclabile, e anche qua mi metto dietro a Daniele: su questi pezzi lui ha proprio un altro passo, è inutile esporsi al vento.
Arriviamo al traguardo, dopo una cavalcata di 100 chilometri nel parco dello Stelvio: mano nella mano, come piace tanto (si fa per dire) al prof. Daniele Dalli. La foto ancora non c’è, ma arriverà a breve.
Ecco, questo è quanto posso dire di questa gara: facendo un rapido riepilogo l’ho trovata dura come la Capoliveri Legend, più dura della Hero, a causa delle innumerevoli salite, e altrettanto (se non meglio) bella.
Una volta arrivati mettiamo le bici in macchina, andiamo verso lo spogliatoio e ci scampiamo per un pelo il diluvio universale: se fossimo stati ancora in gara sarebbe stata una tragedia, senza giubbotto, senza niente, avremmo sofferto parecchio.
Sempre per questo motivo Stefano Mammini non riesce a concludere la gara: all’ottantesimo chilometro viene assalito dal freddo e costretto al ritiro. Lo troviamo al pasta party con una faccia che parla da sola. Siamo molto dispiaciuti, è sempre bello quando tutti arrivano in fondo alle gare ed è una grande festa per tutti.
Troviamo sempre lì anche Marco e Erica: Marco nonostante i problemi alla catena, che è caduta 9 volte durante la gara, si piazza bene, confermando l’ottimo risultato della Hero.
Erica invece è costretta al ritiro dal maltempo: meglio così per lei, il finale molto tecnico per una neofita della mountain bike la avrebbe fatta penare parecchio. Ma sono certo che ci saranno altre occasioni, la grinta non le manca!
Ora ci riposeremo un pò per le vacanze estive, per poi partire più carichi che mai per la 3Epic, che affronteremo io e Daniele, a Settembre.
Alla prossima!